Segnaliamo di seguito tre incontri/manifestazioni in vista del 60°
anniversario della NATO. Si prega la massima diffusione.
U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome
info@peaceandjustice.it
http://www.peaceandjustice.it
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Winter Soldier Europe
14 marzo 2009
Friburgo, Germania
La sezione tedesca dell'organizzazione statunitense "Veterani dell'Iraq
contro la guerra" organizza l'incontro "Winter Soldier Europe", dove militari
di tre paesi NATO racconteranno la verità su quello che succede in Iraq e
Afghanistan a poche settimane dalla conferenza e dalle celebrazioni del
60mo anniversario della NATO.
Per leggere l'appello, il comunicato e sapere come contribuire all'incontro:
http://www.peaceandjustice.it/winter-soldier-europe-it.php
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Togliamo le basi alla guerra
14 marzo 2009
Napoli
Assemblea e mobilitazione nazionale contro le basi militari e contro la
guerra permanente, in prospettiva dell´appuntamento europeo contro la
NATO.
Leggi l'appello:
http://www.pacedisarmo.org/pacedisarmo/articles/art_2494.html
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No alla guerra, No alla NATO - Mobilitazione internazionale
1-5 aprile 2009
Strasburgo, Francia
In occasione del 60° anniversario dell'organizzazione militare NATO, è
stato lanciato un appello per una manifestazione contro le politiche nucleari
e le aggressive politiche militari della NATO e per sostenere una visione di
un mondo giusto e libero dalle guerre.
Leggi l'appello:
http://www.peaceandjustice.it/no-nato-it.php
Per adesioni:
Reiner Braun: hr.braun@gmx.net (lingue: tedesco/inglese)
Arielle Denis: Arielle.Denis@mvtpaix.org (lingue: francese/inglese)
Sito web: http://www.no-to-nato.org
17 MARZO 1949 - 21 MARZO 2009
MOBILITAZIONE CONTRO LE NUOVE POLITICHE NATO E LE BASI MILITARI, IN RICORDO DELL’OPERAIO COMUNISTA LUIGI TRASTULLI, UCCISO DALLA CELERE DI SCELBA MENTRE PROTESTAVA CONTRO L’ADESIONE DELL’ITALIA ALLA NATO
Il 17 marzo 1949 si ferma per sempre la vita di Luigi Trastulli, ucciso dalla Celere di Scelba lungo le mura della fabbrica che giorno dopo giorno bruciava il suo sudore e la sua fatica nella locomotiva siderurgica della ricostruzione post bellica. Correva veloce quella locomotiva sui binari tracciati dal capitale statunitense. Attraverso un intenso sfruttamento della classe operaia successivo all’epurazione delle avanguardie rivoluzionarie realizzato con i massivi licenziamenti degli anni ’50, nel giro di pochi anni la produzione dell’acciaio avrebbe trainato il Bel Paese nel boom economico degli anni ’60, ma parallelamente avrebbe contribuito al riarmo dell’occidente sotto l’egida americana, alimentando una guerra senza fine giunta fino ai giorni nostri. Corea, Vietnam, e poi Guerra del Golfo, Belgrado ’99, Afghanistan 2001, Iraq 2003, senza contare la militarizzazione dell’intera Europa, prona alla logica della guerra fredda anti URSS ed ora asservita alla logica della “guerra infinita” e allo “scontro di civiltà” propagati dall’amministrazione Bush.
Quel giorno, a Terni, Luigi Trastulli e gli operai delle acciaierie scesero in piazza per opporsi alla stipula del patto Atlantico della nascente NATO, che, in barba alla fresca Costituzione e con il ricordo ancora vivido della tragedia bellica, impegnava l’Italia a farsi suddito ubbidiente e a trasformare l’Italia in una gigantesca testa di ponte dell’imperialismo U.S.A. contro l’URSS, proiettata sul mediterraneo, al controllo del petrolio e del Medio Oriente.
Quel giorno gli operai di uno dei più importanti poli siderurgici d’Italia, non scesero in piazza per i propri bisogni, nonostante l’inferno della fabbrica che caratterizzava la quotidianità delle loro vite. Al contrario compresero che il loro lavoro stava per essere piegato al servizio della guerra, non solo quindi sviluppo ma armi, in un connubio inscindibile tra espansione del capitale e logica della guerra inevitabile.
Quel giorno lo Stato non esitò a farsi assassino, per spaventare e reprimere, pronto a coalizzare tutte le forse reazionarie e fascistoidi che nella storia del nostro paese saranno mobilitate ogni volta che verranno messe a nudo le contraddizioni del potere e rivendicati i diritti fino in fondo.
Quel giorno è oggi, da allora tutto è cambiato ma è anche in qualche modo uguale.
Oggi che assistiamo ad un attacco indiscriminato al lavoro, ai salari, ai diritti (primo tra tutti quello di sciopero) e alle tutele in nome della deregolamentazione, del libero mercato o della “crisi”.
Oggi dopo anni di riduzione della spesa pubblica e di svendita dei beni comuni per fare cassa, s’immettono in un sol colpo miliardi pubblici per salvare le banche transnazionali dalla crisi che lo loro stesse hanno creato speculando.
Oggi che si smantella la spesa sociale, con un passo indietro di decenni, ma si investe massicciamente nelle spese militari e nella sicurezza, creando un allarme interno ed esterno che non serve altro che a delegittimare ogni movimento sociale, ogni sacrosanta resistenza alle pulsioni autoritarie di una democrazia in decomposizione.
Oggi come allora, le grandi mutazioni del capitale, prima espansive, ora di crisi, si accompagnano con la saldatura tra pochi interessi privati e rilancio del militarismo, con il peace keeping a senso unico (vedi Libano 2006), con la guerra preventiva inventata da Bush ma sposata anche dai “progressisti” sotto il nome di polizia internazionale.
Oggi come allora, anche a Terni il 21 marzo 2009 scenderemo in piazza, nell’ambito del programma internazionale di mobilitazione contro l’intensificazione della NATO e le basi militari, lanciato dal World Social Forum di Belem e dalla rete NO WAR.
Non per commemorazioni rituali, ma per strappare la memoria dalle celebrazioni mistificate che chiamano “morti per la pace” le esecuzioni “involontarie” di uno Stato troppo spesso al servizio dei potenti e avverso all’autodeterminazione degli individui, allora come oggi.
Allora come oggi, perché nel ricordo del 17 marzo del 1949 e delle molte altre “morti della NATO” che tra il ’49 e il ’51 colpirono il vasto movimento di protesta dei lavoratori in tutta Italia, come in quelle successive degli anni ’70 ed ’80, delle stragi di stragi di stato e delle esecuzioni di compagni/e, abita la memoria e la lotta del nostro presente.
Il 17 marzo 1949 si ferma per sempre la vita di Luigi Trastulli, ucciso dalla Celere di Scelba lungo le mura della fabbrica che giorno dopo giorno bruciava il suo sudore e la sua fatica nella locomotiva siderurgica della ricostruzione post bellica. Correva veloce quella locomotiva sui binari tracciati dal capitale statunitense. Attraverso un intenso sfruttamento della classe operaia successivo all’epurazione delle avanguardie rivoluzionarie realizzato con i massivi licenziamenti degli anni ’50, nel giro di pochi anni la produzione dell’acciaio avrebbe trainato il Bel Paese nel boom economico degli anni ’60, ma parallelamente avrebbe contribuito al riarmo dell’occidente sotto l’egida americana, alimentando una guerra senza fine giunta fino ai giorni nostri. Corea, Vietnam, e poi Guerra del Golfo, Belgrado ’99, Afghanistan 2001, Iraq 2003, senza contare la militarizzazione dell’intera Europa, prona alla logica della guerra fredda anti URSS ed ora asservita alla logica della “guerra infinita” e allo “scontro di civiltà” propagati dall’amministrazione Bush.
Quel giorno, a Terni, Luigi Trastulli e gli operai delle acciaierie scesero in piazza per opporsi alla stipula del patto Atlantico della nascente NATO, che, in barba alla fresca Costituzione e con il ricordo ancora vivido della tragedia bellica, impegnava l’Italia a farsi suddito ubbidiente e a trasformare l’Italia in una gigantesca testa di ponte dell’imperialismo U.S.A. contro l’URSS, proiettata sul mediterraneo, al controllo del petrolio e del Medio Oriente.
Quel giorno gli operai di uno dei più importanti poli siderurgici d’Italia, non scesero in piazza per i propri bisogni, nonostante l’inferno della fabbrica che caratterizzava la quotidianità delle loro vite. Al contrario compresero che il loro lavoro stava per essere piegato al servizio della guerra, non solo quindi sviluppo ma armi, in un connubio inscindibile tra espansione del capitale e logica della guerra inevitabile.
Quel giorno lo Stato non esitò a farsi assassino, per spaventare e reprimere, pronto a coalizzare tutte le forse reazionarie e fascistoidi che nella storia del nostro paese saranno mobilitate ogni volta che verranno messe a nudo le contraddizioni del potere e rivendicati i diritti fino in fondo.
Quel giorno è oggi, da allora tutto è cambiato ma è anche in qualche modo uguale.
Oggi che assistiamo ad un attacco indiscriminato al lavoro, ai salari, ai diritti (primo tra tutti quello di sciopero) e alle tutele in nome della deregolamentazione, del libero mercato o della “crisi”.
Oggi dopo anni di riduzione della spesa pubblica e di svendita dei beni comuni per fare cassa, s’immettono in un sol colpo miliardi pubblici per salvare le banche transnazionali dalla crisi che lo loro stesse hanno creato speculando.
Oggi che si smantella la spesa sociale, con un passo indietro di decenni, ma si investe massicciamente nelle spese militari e nella sicurezza, creando un allarme interno ed esterno che non serve altro che a delegittimare ogni movimento sociale, ogni sacrosanta resistenza alle pulsioni autoritarie di una democrazia in decomposizione.
Oggi come allora, le grandi mutazioni del capitale, prima espansive, ora di crisi, si accompagnano con la saldatura tra pochi interessi privati e rilancio del militarismo, con il peace keeping a senso unico (vedi Libano 2006), con la guerra preventiva inventata da Bush ma sposata anche dai “progressisti” sotto il nome di polizia internazionale.
Oggi come allora, anche a Terni il 21 marzo 2009 scenderemo in piazza, nell’ambito del programma internazionale di mobilitazione contro l’intensificazione della NATO e le basi militari, lanciato dal World Social Forum di Belem e dalla rete NO WAR.
Non per commemorazioni rituali, ma per strappare la memoria dalle celebrazioni mistificate che chiamano “morti per la pace” le esecuzioni “involontarie” di uno Stato troppo spesso al servizio dei potenti e avverso all’autodeterminazione degli individui, allora come oggi.
Allora come oggi, perché nel ricordo del 17 marzo del 1949 e delle molte altre “morti della NATO” che tra il ’49 e il ’51 colpirono il vasto movimento di protesta dei lavoratori in tutta Italia, come in quelle successive degli anni ’70 ed ’80, delle stragi di stragi di stato e delle esecuzioni di compagni/e, abita la memoria e la lotta del nostro presente.
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