La “nuova NATO” trasformata prevede l’uso e la detenzione dell’arma atomica, la strategia del “primo colpo” First Strike) cosicché si rafforza il suo ruolo offensivo, di attacco militare globale, il quale si è visto all’opera direttamente e concretamente con la “guerra umanitaria” in Jugoslavia del 1999 e l’invasione dell’Afghanistan del 2001, tutt’ora in corso e con la partecipazione diretta dell’Italia nelle azioni di guerra.
In questa nuova funzione bellica la rinnovata “Alleanza militare atlantica” è diventata uno strumento di morte contro i popoli che non vogliono assoggettarsi al dominio delle potenze imperiali e altresì vogliono difendere le loro risorse e la loro sovranità. Strumento di morte che lascia nei teatri di guerra una scia di sangue lunghissima ed orrenda.
Sin dall’inizio l’Italia aderisce alla NATO e paga un prezzo altissimo.
Il nostro paese, per dare il suo contributo alla “guerra fredda”, affronta con le servitù militari una pesante sottrazione e sovranità di notevoli parti del proprio territorio nazionale (es. Sardegna, Veneto, Puglia etc..etc..) che comporta anche altissimi costi per mantenere le oltre 150 basi USA e NATO installate sul nostro territorio.
Il continuo aumento delle spese militari a sostegno di sempre nuovi armamenti e nuove capacità guerresche, toglie fondi e risorse economiche alla spesa sociale, per l’istruzione, la sanità, i servizi, il lavoro.
Ma la militarizzazione e la rete di connivenze e complicità significa anche controllo politico e repressione delle lotte dei lavoratori. La NATO e i suoi sistemi di spionaggio sono protagonisti – più o meno occulti- di alcune tra le più gravi vicende che hanno insanguinato il nostro paese come la stagione delle stragi a corollario della strategia della tensione.
L’organizzazione di strutture paramilitari segrete – Gladio – pronte ad uccidere, contribuiscono pesantemente all’instaurazione di un clima di insicurezza e terrore che è creato ad arte per impedire la libera partecipazione delle classi subalterne alla vita e alla lotta politica.
Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale c’è stata, nel paese, in Parlamento, nelle piazze, nelle fabbriche, una fortissima opposizione alla adesione dell’Italia alla NATO e alla guerra, a fronte della quale c’è stata una altrettanto feroce e determinata volontà di stroncare ogni dissenso ed ogni manifestazione da parte dello Stato, del governo e dei celerini del suo ministro degli interni, il famigerato Mario Scelba
L’antagonismo all’ingresso dell’Italia nella NATO è forte, ma purtroppo la mano pesante delle forze dello Stato italiano deciso a difendere fino in fondo il rapporto “speciale” con gli Stati Uniti e con la NATO , non si fa scrupolo di uccidere.
E di queste vittime italiane della NATO ci parla il bellissimo libro di Cristiano Armati “Cuori Rossi”, nel capitolo VIII il cui titolo è: “Faranno un deserto e lo chiameranno pace”.
Il libro narra la tragica morte di Luigi Trastulli, operaio delle acciaierie di Terni, ucciso il 17 marzo 1949, durante il corteo spontaneo che ha preso forma a Terni subito dopo il voto in Parlamento che ha sentenziato l’entrata dell’Italia nella NATO; e poi la morte di tre braccianti – Girolamo Rosano ad Adrano in provincia di Catania, Antonio Fantinuoli a Comacchio in provincia di Ferrara, e Domenico Lo Greco a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo - nel gennaio del 1951, che manifestavano contro la presenza in Italia del generale USA Eisenhower, per la terra, per la pace, in opposizione alla scelta del governo democristiano di finanziare con il denaro pubblico i costi dell’adesione alla NATO, della spesa bellica e del processo di militarizzazione del suolo italiano.
Luigi Trastulli di Terni, colpito alla vena aorta e morto dissanguato in viale Brin, interrompe il lavoro e esce dall’acciaieria insieme agli altri operai non solo per protestare contro il governo e l’ingresso dell’Italia nella NATO.
Si muove spinto anche da un impeto, da uno slancio etico perché non vuole risprofondare nell’incubo di un lavoro al servizio della produzione bellica funzionale a nuovi scenari di guerra.
Il sacrificio di Luigi Trastulli deve servirci a ricordare che la lotta contro la NATO e i patti militari – più o meno segreti – è una lotta non di retroguardia, datata, ma attualissima, perché l’epoca che stiamo attraversando – il dopo guerra fredda – è foriera di conflitti armati, di guerre, di crisi economica, ambientale, alimentare, energetica che mettono a rischio il futuro dell’umanità intera.
IN RICORDO DI LUIGI TRASTULLI
SABATO 21 MARZO
PARTECIPIAMO ALLA
MANIFESTAZIONE A TERNI
(Piazza della Pace)
60 ANNI DI NATO SONO TROPPI…E BASTANO!
NO ALLA NATO, NO ALLA GUERRA, NO ALLE BASI MILITARI
PARTECIPIAMO ALLA
MANIFESTAZIONE A TERNI
(Piazza della Pace)
60 ANNI DI NATO SONO TROPPI…E BASTANO!
NO ALLA NATO, NO ALLA GUERRA, NO ALLE BASI MILITARI
RETE NAZIONALE DISARMIAMOLI
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