SABATO 21 MARZO

MANIFESTAZIONE

A 60 ANNI DALL’ ASSASSINIO DELL’OPERAIO COMUNISTA LUIGI TRASTULLI AMMAZZATO A TERNI DALLA POLIZIA DI SCELBA, DAVANTI ALLA SUA FABBRICA, MENTRE MANIFESTAVA CONTRO L’ADESIONE DELL’ITALIA AL PATTO ATLANTICO (NATO) E CONTRO L’IMPERIALISMO U.S.A.

L’iniziativa si collega alle contestazioni internazionali contro la Nato che sfoceranno il 4 aprile nella manifestazione a Strasburgo

PROGRAMMA:

ore 15:00: presidio a viale Brin, nel luogo dell’assassinio di Luigi Trastulli, davanti alla Thyssen Krupp
ore 16:00: dibattito al vicino centro sociale intitolato al partigiano “Germinal Cimarelli” in via del Lanificio, 19/A inaugurato per l’occasione

ore 18:00: festa popolare del quartiere e della fabbrica

17 MARZO 1949 - 21 MARZO 2009

MOBILITAZIONE CONTRO LE NUOVE POLITICHE NATO E LE BASI MILITARI, IN RICORDO DELL’OPERAIO COMUNISTA LUIGI TRASTULLI, UCCISO DALLA CELERE DI SCELBA MENTRE PROTESTAVA CONTRO L’ADESIONE DELL’ITALIA ALLA NATO

Il 17 marzo 1949 si ferma per sempre la vita di Luigi Trastulli, ucciso dalla Celere di Scelba lungo le mura della fabbrica che giorno dopo giorno bruciava il suo sudore e la sua fatica nella locomotiva siderurgica della ricostruzione post bellica. Correva veloce quella locomotiva sui binari tracciati dal capitale statunitense. Attraverso un intenso sfruttamento della classe operaia successivo all’epurazione delle avanguardie rivoluzionarie realizzato con i massivi licenziamenti degli anni ’50, nel giro di pochi anni la produzione dell’acciaio avrebbe trainato il Bel Paese nel boom economico degli anni ’60, ma parallelamente avrebbe contribuito al riarmo dell’occidente sotto l’egida americana, alimentando una guerra senza fine giunta fino ai giorni nostri. Corea, Vietnam, e poi Guerra del Golfo, Belgrado ’99, Afghanistan 2001, Iraq 2003, senza contare la militarizzazione dell’intera Europa, prona alla logica della guerra fredda anti URSS ed ora asservita alla logica della “guerra infinita” e allo “scontro di civiltà” propagati dall’amministrazione Bush.

Quel giorno, a Terni, Luigi Trastulli e gli operai delle acciaierie scesero in piazza per opporsi alla stipula del patto Atlantico della nascente NATO, che, in barba alla fresca Costituzione e con il ricordo ancora vivido della tragedia bellica, impegnava l’Italia a farsi suddito ubbidiente e a trasformare l’Italia in una gigantesca testa di ponte dell’imperialismo U.S.A. contro l’URSS, proiettata sul mediterraneo, al controllo del petrolio e del Medio Oriente.

Quel giorno gli operai di uno dei più importanti poli siderurgici d’Italia, non scesero in piazza per i propri bisogni, nonostante l’inferno della fabbrica che caratterizzava la quotidianità delle loro vite. Al contrario compresero che il loro lavoro stava per essere piegato al servizio della guerra, non solo quindi sviluppo ma armi, in un connubio inscindibile tra espansione del capitale e logica della guerra inevitabile.

Quel giorno lo Stato non esitò a farsi assassino, per spaventare e reprimere, pronto a coalizzare tutte le forse reazionarie e fascistoidi che nella storia del nostro paese saranno mobilitate ogni volta che verranno messe a nudo le contraddizioni del potere e rivendicati i diritti fino in fondo.

Quel giorno è oggi, da allora tutto è cambiato ma è anche in qualche modo uguale.

Oggi che assistiamo ad un attacco indiscriminato al lavoro, ai salari, ai diritti (primo tra tutti quello di sciopero) e alle tutele in nome della deregolamentazione, del libero mercato o della “crisi”.

Oggi dopo anni di riduzione della spesa pubblica e di svendita dei beni comuni per fare cassa, s’immettono in un sol colpo miliardi pubblici per salvare le banche transnazionali dalla crisi che lo loro stesse hanno creato speculando.

Oggi che si smantella la spesa sociale, con un passo indietro di decenni, ma si investe massicciamente nelle spese militari e nella sicurezza, creando un allarme interno ed esterno che non serve altro che a delegittimare ogni movimento sociale, ogni sacrosanta resistenza alle pulsioni autoritarie di una democrazia in decomposizione.

Oggi come allora, le grandi mutazioni del capitale, prima espansive, ora di crisi, si accompagnano con la saldatura tra pochi interessi privati e rilancio del militarismo, con il peace keeping a senso unico (vedi Libano 2006), con la guerra preventiva inventata da Bush ma sposata anche dai “progressisti” sotto il nome di polizia internazionale.

Oggi come allora, anche a Terni il 21 marzo 2009 scenderemo in piazza, nell’ambito del programma internazionale di mobilitazione contro l’intensificazione della NATO e le basi militari, lanciato dal World Social Forum di Belem e dalla rete NO WAR.

Non per commemorazioni rituali, ma per strappare la memoria dalle celebrazioni mistificate che chiamano “morti per la pace” le esecuzioni “involontarie” di uno Stato troppo spesso al servizio dei potenti e avverso all’autodeterminazione degli individui, allora come oggi.

Allora come oggi, perché nel ricordo del 17 marzo del 1949 e delle molte altre “morti della NATO” che tra il ’49 e il ’51 colpirono il vasto movimento di protesta dei lavoratori in tutta Italia, come in quelle successive degli anni ’70 ed ’80, delle stragi di stragi di stato e delle esecuzioni di compagni/e, abita la memoria e la lotta del nostro presente.

giovedì 26 febbraio 2009

I MORTI DELLA NATO

La NATO che nasce nel 1949 come assetto militare “difensivo” è stata archiviata negli anni ’90 diventando uno strumento di guerra, di aggressione e di forza militare al servizio, in primo luogo degli Stati Uniti, ma anche degli interessi complessivi strategici dell’intero Occidente capitalista.
La “nuova NATO” trasformata prevede l’uso e la detenzione dell’arma atomica, la strategia del “primo colpo” First Strike) cosicché si rafforza il suo ruolo offensivo, di attacco militare globale, il quale si è visto all’opera direttamente e concretamente con la “guerra umanitaria” in Jugoslavia del 1999 e l’invasione dell’Afghanistan del 2001, tutt’ora in corso e con la partecipazione diretta dell’Italia nelle azioni di guerra.
In questa nuova funzione bellica la rinnovata “Alleanza militare atlantica” è diventata uno strumento di morte contro i popoli che non vogliono assoggettarsi al dominio delle potenze imperiali e altresì vogliono difendere le loro risorse e la loro sovranità. Strumento di morte che lascia nei teatri di guerra una scia di sangue lunghissima ed orrenda.
Sin dall’inizio l’Italia aderisce alla NATO e paga un prezzo altissimo.
Il nostro paese, per dare il suo contributo alla “guerra fredda”, affronta con le servitù militari una pesante sottrazione e sovranità di notevoli parti del proprio territorio nazionale (es. Sardegna, Veneto, Puglia etc..etc..) che comporta anche altissimi costi per mantenere le oltre 150 basi USA e NATO installate sul nostro territorio.
Il continuo aumento delle spese militari a sostegno di sempre nuovi armamenti e nuove capacità guerresche, toglie fondi e risorse economiche alla spesa sociale, per l’istruzione, la sanità, i servizi, il lavoro.
Ma la militarizzazione e la rete di connivenze e complicità significa anche controllo politico e repressione delle lotte dei lavoratori. La NATO e i suoi sistemi di spionaggio sono protagonisti – più o meno occulti- di alcune tra le più gravi vicende che hanno insanguinato il nostro paese come la stagione delle stragi a corollario della strategia della tensione.
L’organizzazione di strutture paramilitari segrete – Gladio – pronte ad uccidere, contribuiscono pesantemente all’instaurazione di un clima di insicurezza e terrore che è creato ad arte per impedire la libera partecipazione delle classi subalterne alla vita e alla lotta politica.
Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale c’è stata, nel paese, in Parlamento, nelle piazze, nelle fabbriche, una fortissima opposizione alla adesione dell’Italia alla NATO e alla guerra, a fronte della quale c’è stata una altrettanto feroce e determinata volontà di stroncare ogni dissenso ed ogni manifestazione da parte dello Stato, del governo e dei celerini del suo ministro degli interni, il famigerato Mario Scelba
L’antagonismo all’ingresso dell’Italia nella NATO è forte, ma purtroppo la mano pesante delle forze dello Stato italiano deciso a difendere fino in fondo il rapporto “speciale” con gli Stati Uniti e con la NATO , non si fa scrupolo di uccidere.
E di queste vittime italiane della NATO ci parla il bellissimo libro di Cristiano Armati “Cuori Rossi”, nel capitolo VIII il cui titolo è: “Faranno un deserto e lo chiameranno pace”.
Il libro narra la tragica morte di Luigi Trastulli, operaio delle acciaierie di Terni, ucciso il 17 marzo 1949, durante il corteo spontaneo che ha preso forma a Terni subito dopo il voto in Parlamento che ha sentenziato l’entrata dell’Italia nella NATO; e poi la morte di tre braccianti – Girolamo Rosano ad Adrano in provincia di Catania, Antonio Fantinuoli a Comacchio in provincia di Ferrara, e Domenico Lo Greco a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo - nel gennaio del 1951, che manifestavano contro la presenza in Italia del generale USA Eisenhower, per la terra, per la pace, in opposizione alla scelta del governo democristiano di finanziare con il denaro pubblico i costi dell’adesione alla NATO, della spesa bellica e del processo di militarizzazione del suolo italiano.
Luigi Trastulli di Terni, colpito alla vena aorta e morto dissanguato in viale Brin, interrompe il lavoro e esce dall’acciaieria insieme agli altri operai non solo per protestare contro il governo e l’ingresso dell’Italia nella NATO.
Si muove spinto anche da un impeto, da uno slancio etico perché non vuole risprofondare nell’incubo di un lavoro al servizio della produzione bellica funzionale a nuovi scenari di guerra.
Il sacrificio di Luigi Trastulli deve servirci a ricordare che la lotta contro la NATO e i patti militari – più o meno segreti – è una lotta non di retroguardia, datata, ma attualissima, perché l’epoca che stiamo attraversando – il dopo guerra fredda – è foriera di conflitti armati, di guerre, di crisi economica, ambientale, alimentare, energetica che mettono a rischio il futuro dell’umanità intera.
IN RICORDO DI LUIGI TRASTULLI


SABATO 21 MARZO

PARTECIPIAMO ALLA
MANIFESTAZIONE A TERNI
(Piazza della Pace)
60 ANNI DI NATO SONO TROPPI…E BASTANO!
NO ALLA NATO, NO ALLA GUERRA, NO ALLE BASI MILITARI


RETE NAZIONALE DISARMIAMOLI
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